La Quotidianità

 

 

 

La quotidianità qui in Palestina, soprattutto all’ interno di un campo profughi, è molto diversa da quella a cui siamo abituati noi.

Ti alzi, fai colazione, esci per andare a lavorare…sembrano azioni molto semplici, ma è sufficiente davvero poco a far cambiare il corso della tua giornata.

Dopo essere stata in asilo, aver riso e giocato coi bambini, ero al centro culturale Laylac, per organizzare gli impegni della settimana. Una semplice telefonata e l’ atmosfera si è completamente rovesciata: durante la mattinata dei soldati hanno sparato ad un ragazzo del campo, padre di famiglia, di soli 32 anni.

Stava andando a lavorare come tutti i giorni. Ma come purtroppo molto spesso accade qui, se un soldato israeliano decide di sparare, e lo decide perché sei palestinese, quindi sei ritenuto un pericolo, lo fa per uccidere.

Ramzi abu Yabes è morto mentre stava andando a lavorare in ospedale, perché infermiere. Ramzi è morto perché palestinese. Ramzi è morto perché gli israeliani occupano la sua terra e con arroganza possono decidere della sua vita. Ramzi è morto perché a sparare sono dei soldati, spesso davvero troppo piccoli per comprendere la responsabilità che hanno imbracciando un’ arma.

 

Per lui sono iniziati cortei in tutto il campo, ogni singolo componente della comunità è andato a portare le proprie condoglianze alla famiglia. E ora si stringeranno tutti insieme nell’ attesa che venga restituito il suo corpo.

Perché si, Israele fa anche questo: sottrae il corpo dei defunti alle cure delle famiglie. Senza dover dare spiegazioni. Anche  questa un’operazione strategica, a livello psicologico, per indebolire e sfinire il popolo palestinese.

Oggi il campo profughi di Deishesh ha un nuovo martire da aggiungere alla sua già lunga lista.